Islands, Archipelagoes, Constellations - Bologna - dal 29/09 al 3/11


Islands, Archipelagoes, Constellations - Bologna - dal 29/09 al 3/11
Rosenthal
Via Azzo Gardino, 9, Bologna - Emilia-Romagna

Categorie: Arte
Tipo: Mostra

Quando
29 settembre 2018 18:00 - 03 novembre 2018 20:30

Prezzo: Ingresso gratuito

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Islands, Archipelagoes, Constellations: works on canvas and paper 2006-2018

P420 è felice di annunciare la prima mostra personale in galleria del pittore americano Stephen Rosenthal (Washington D.C., 1935) e l’inizio della collaborazione con l’artista.
La mostra, articolata su entrambe le sale della galleria, presenta gli ultimi due cicli pittorici dell’artista, sviluppati nell’ultima quindicina d’anni. Attivo già dalla fine degli anni ’60, dopo quasi un cinquantennio di ricerca sul fare pittura, con gli ultimi lavori Rosenthal raggiunge risultati di riduzione e astrazione unici e non convenzionali.
Nella prima sala è presentato un ciclo di opere formato apparentemente da monocromi bianchi. Si tratta in realtà di pitture discrete ed elaborate, prevalentemente chiare, di un biancore quasi trasognato. Bagliori dai quali emergono piccoli segni, eventi, suggestioni, ricordi di qualcosa che si perde nella luce del tempo.
Nella seconda sala sono esposti i lavori più recenti di Rosenthal, realizzati negli ultimi dieci anni. Non è quello che il pittore mette nel dipinto a produrre il risultato. Quello che infatti Rosenthal dipinge su tela fa più parte della preparazione che della realizzazione dell’opera. L’atto del dipingere è solo la prima fase.

Barnett Newman diceva “Un artista dipinge per avere qualcosa da guardare”. Il mondo è già pieno di immagini, non ci sarebbe bisogno di aggiungerne altre, ma l’immagine che l’artista vuole vedere non è tra quelle che si presentano alla vista. Per usare le parole di Barry Schwabsky, autore del testo critico che accompagna la mostra, per cominciare a fare spazio al dipinto che vuole vedere, Stephen Rosenthal deve cancellare ciò che ha già visto.
Utilizzando stracci e solventi, con un fare lento, meditativo, creativo, Rosenthal rimuove la sua stessa pittura e cancella ogni riconoscibilità al dipinto. Con un procedimento che può durare mesi, l’artista realizza quello che Samuel Beckett chiamava Lessness. Si tratta di uno strano stato in cui l'assenza o l'intangibilità sembrano in qualche modo diventare qualità percepibili in senso positivo.
Rosenthal cancella ma non elimina tutto. La mano dell’artista lascia sopravvivere cenni di colore, ricordi di segni, grumi di pittura, lisciati e arrotondati da un solvente che non è riuscito a eliminarne ogni traccia. Macchie, sbavature, elementi che tendono a essere il più possibile sfuggenti e allo stesso tempo tangibili nel senso più letterale del termine. Eventi. Sbiaditi ricordi.

Ciò che vediamo nelle pitture di Rosenthal, in perfetto equilibrio tra volontà e casualità, non è ciò che egli ha dipinto, ma quello che è rimasto, che è sopravissuto ad un lungo processo di erosione.
“Sono costellazioni” dice lo stesso Rosenthal, “ma non necessariamente stelle”.

Stephen Rosenthal, già attivo a New York dalla seconda metà degli anni '60, ha esplorato fin dall'inizio un'indagine di riduzione della pittura attraverso una ricerca del lavoro realizzato su tele sprovviste di telaio, fino agli ultimi Microcosmidel periodo recente. Ha avuto mostre personali sin dagli anni ‘70 alla John Weber Gallery, New York; Art & Project, Amsterdam; Daniel Templon, Parigi. Ha esposto allo Stedelijk Museum, Amsterdam; alla Kunsthalle, Basel; PS1, New York; La Jolla Museum of Contemporary Art, California; Städtisches Museum, Leverkusen; Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris; Institute of Contemporary Art, Philadelphia per citarne alcuni. Sue opere sono nelle collezioni permanenti del MoMA, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Museum of Contemporary Art, San Diego; Herbert Johnson Museum of Art, Ithaca; Albright-Knox Art Gallery, Buffalo; Aldrich Museum of Contemporary Art, Ridgefield e nella collezione Vogel, New York.
É in corso di preparazione una monografia con testi inediti di Barry Schwabsky e Davide Ferri.

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