
Tipo: Teatro
27 luglio 2019 21:00
Libero adattamento dalla traduzione in siciliano di Tomaso Cannizzaro
Consulenza al testo e prefazione di Lorenzo La Spada
“Virgini santa,
figghia a lu to figghiu”
Con queste alte e quasi impronunciabili parole, tanto è grande il mistero nascosto in esse, che il sommo poeta apre la visione inenarrabile della gran Madre di Dio per bocca di san Bernardo, padre spirituale di quei poveri cavalieri di Cristo, i Templari. Ai poveri, a coloro che la vita non permetteva di utilizzare il proprio tempo allo studio di così nobili parole ma di sfruttarlo al meglio per una cotanta giusta causa, la sopravvivenza; a loro, agli ultimi è rivolto quel gesto umano e di compassione fraterna del poeta messinese Tomaso Cannizzaro, che nel 1904 pubblicò per la prima volta la traduzione di suo pugno in siciliano della Divina Commedia. Un raggio di luce nell’inferno umano di ogni giorno, una finestra spalancata, una via di fuga dalla prigione che incatena l’uomo nell’ignoranza. La bellezza originale della Commedia di Dante non è ne offuscata ne arricchita ma bensì veicolata affinchè il suo messaggio possa arrivare ovunque. Ed è proprio in questo spirito di servizio, nell’offrire nuovi spunti di riflessione celati sotto ‘l velame de li versi strani, che si fa spazio nello scenario di ormai ripetute immagini sovrapposte, l’Infernu di Berta Ceglie, una regista dall’animo forte, dove la luce del caldo meriggio incontra le nette e spigolose ombre delle silenziose stanze, creando tutt’intorno uno scenario dalle toccanti tonalità drammatiche che arrivano dritte al cuore.
Quello che in un primo momento potrebbe sembrare dissacrante nasconde, in verità, un sottile indizio dal significato profondo. Un Dante al femminile, esula dalla comune ed ormai svilita ascesa delle donne, che ha portato alla confusione dei ruoli e alla perdita della dignità dell'essere umano, ma vuole essere una lettura sotto un registro trascurato. Questo viaggio guidato da un Dante al femminile è un penetrare in questo arduo cammino non più e solo attraverso la ragione e dunque la parte destra del cervello, maschile, ma attraverso l'emozione, il femminile. Un lasciarsi trasportare attraverso un sentiero fatto di fuoco, luci, ombre, suoni, odori, sensazioni, pathos, che se trascurati potrebbero precludere a noi la visione completa di un'opera iniziatica. Questa protagonista è l'anima. Un'anima sotto mentite spoglie della figura dantesca. Un contrasto che può diventare sposalizio se riuscissimo a vedere oltre il limite del corpo materiale per unire la fine e l'inizio del tempo e di ogni cosa. Un messaggio di notevole valore esoterico realizzato nel trasportare all'inizio di questo INFERNU, le parole di San Bernardo che diventano la chiave e il premio di tutta l'opera. Portare il paradiso in questo inferno, la luce nelle tenebre, la speranza sopra la morte.
Siamo noi dunque, quelle mani che si sollevano bramanti fra le tenebre dell’Averno, in cerca della perduta felicità, che appare a ravvivar la speranza ma subito svanisce, lasciandoci a tremare di nostra vita a mitàjunti, con la certezza di ritrovarla alla fine di questo lungo viaggio, per ricevere il premio immortale che solo lei può dar.
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